Non disturbare i muscoli per non disturbare i denti!

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Le capacità di adattamento ai cambiamenti morfologici del sistema stomatognatico sono individuali e variabili. Sentimento clinico diffuso è la sensazione che alcuni pazienti “accettino” con più facilità di altri le modifiche morfo-funzionali legate ad un intervento odontoiatrico. Gran parte dei pazienti facilmente sopporta modifiche nella forma, dimensione e posizione dentale; altri invece sono in grado di individuare precisamente mutamenti, anche limitati alla sola superfice dentale, mal sopportando protesi non adeguatamente integrate nella loro biologia. La capacità di adattamento risulta di difficile quantificazione, non essendoci parametri di misura standardizzati e condivisi. Indipendentemente dal paziente che ci troviamo a curare, pare comunque ragionevole limitare più possibile i cambiamenti richiesti alla sua biologia. Realizzare delle terapie odontoiatriche che non richiedano al soggetto di imparare nuovi modelli motori, è aspetto di una odontoiatria minimante invasiva. A tal proposito una valutazione elettromiografica del effetto della propriocezione dentale sui muscoli masticatori può essere un interessante supporto nella funzionalizzazione delle terapie. Anche se è un concetto di difficile dimostrazione scientifica, possiamo immaginare come un intervento che non modifichi la coordinazione muscolare sia un intervento che probabilmente avrà minori complicanze tecniche. Anche i denti non interessati direttamente dal intervento riabilitativo beneficeranno di ponti, corone e impianti che non alterano le modalità di masticazione; subiranno le medesime sollecitazioni che sopportavano originariamente! Declinando questo concetto sotto un aspetto protesico possiamo portare ad esempio la complicanza secondaria alla installazione di una corona, seguita a pochi giorni (se non poche ore) da una frattura/chipping di un’altra ricostruzione, magari nel lato opposto dell’arcata. Altra situazione verificabile nella clinica quotidiana prevede la comparsa di dolore ad un dente, successivamente all’intervento sul lato controlaterale della bocca. In entrambi questi casi è ipotizzabile come l’intervento abbia causato una modifica nella propriocezione orale, innescando una modifica nel reclutamento muscolare (quindi nella dissipazione degli stress occlusali) causando la complicanza verificatasi a poche ore di distanza. Concetto non diffusamente riconosciuto è che l’occlusione dentale non è una situazione meccanica stabile e costante. Esistono diverse dimostrazioni di come il rapporto “meccanico” tra le arcate dentarie sia suscettibile di diverse condizioni. Per esempio lo studio riportato dimostra come il dolore dei muscoli masticatori può significativamente alterare l’occlusione in massima intercuspidazione (Effect of experimental jaw muscle pain on occlusal contacts. Mobilio N, Catapano S. J Oral Rehabil. 2011 Jun;38(6):404-9).In questa visione dinamica del rapporto tra arcate dentarie, risulta più facilmente comprendere la relazione tra modifiche dentali in un settore ed eventuali complicanze secondarie in altri settori della bocca. Considerando queste valutazioni appare ragionevole cercare di ridurre le modifiche funzionali non volute.